Chiude il Dolls’ Hospital a Dublino, con una promessa…

di isayblog4 Commenta

Com’era già avvenuto per il Dolls’ Hospital di New York, anche l’ospedale delle bambole e la clinica dell’osacchiotto di Dublino sta per chiudere i battenti; una notizia che ha rattristato il gran numero di clienti che da anni portava bambole e pelouche presso il Dolls’ Hospital irlandese.

La notizia è stata data dal quotidiano IrishTimes che ha intervistato Melissa Nolan, proprietaria del negozio e appassionata di giocattoli fin dai tempi dell’infanzia. La proprietaria ha raccontato al quotidiano la storia del suo ospedale per bambole, un luogo fatato presso il quale, fin dal 1930, centinaia di clienti hanno portato le loro vecchie e amate bambole e gli orsacchiotti di pezza; dalle vecchie eredità dei propri cari fino ai pupazzi preferiti dal primogenito, il Dolls’ Hospital ha sempre provveduto a una pronta e perfetta riparazione.

Dopo anni di capelli sintetici ricostruiti e morbide zampe ricucite, il Dolls’ Hospital and Teddy Bears Clinic annuncia ora una chiusura temuta ma spesso minacciata, una scelta obbligata a causa dell’aumento di costi di apertura del locale e delle materie prime, spese che la proprietaria non è più riuscita a sostenere. Sono infatti pochissimi i clienti che scelgono di aggiustare le vecchie bambole e gli orsacchiotti a causa di un consumismo che non ha risparmiato neppure il morbido abbraccio di una sapiente imbottitura, di un paio di morbide ciglia e di uno sguardo limpido dipinto a mano.

Per tutti i sognatori e gli appassionati di giocattoli irlandesi potrebbe forse realizzarsi una gradita novità: Melissa Nolan ha infatti dichiarato di essere in possesso di giocattoli antichi, pezzi da collezionismo conservati per decenni dei quali è entrata in possesso grazie a qualche cliente che, dopo aver notato la sua passione per i giocattoli, aveva scelto di omaggiarla di un pupazzo del passato. Come dare nuova vita ai giocattoli? La proprietaria sorride al giornalista: “Dublino non ha ancora un museo del giocattolo…”.

Photo Credits | ipernity

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